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Il lago di Pilato

Il rifugio dei negromanti tra i Monti Sibillini

Immaginate una salita impervia su una parete di roccia bruna, e poi una discesa verticale di ghiaia fitta e scivolosa. Immaginate un sentiero sottile che s’avvia verso una valle piatta, nel silenzio maestoso dei Monti Sibillini. Immaginate, infine, proprio ai piedi della montagna, due piccoli bacini che si sfiorano in tempo di piena, e un’acqua azzurrina immobile, attraversata dalle ombre delle nubi o sovrastata da attimi di luce opaca.

Quest’angolo grandioso al quale è impossibile sottrarsi si chiama Lago di Pilato e la leggenda vuole che da secoli porti dietro sé la fama di un luogo di stregoneria.

Forse perché – si dice – fu la tomba del Ponzio Pilato che tutti conosciamo, o più semplicemente per la sua posizione isolata e inaccessibile, questa conca d’acqua – unico lago naturale delle Marche – fu nel medioevo un luogo prediletto da maghi e negromanti, crocevia di forze innaturali e creature non umane, e poi zona proibita, sorvegliata, maledetta.
E di magia si tratta in effetti, perché lo sguardo ipnotizzato sul lago alla fine di un percorso aspro che dura quattro ore, lascia senza fiato e diremmo senza più ricordi: qui ogni camminamento del passato s’annulla, ogni emozione sbiadisce a fronte di una scenografia nuova e potentissima.

Qui vive, tra gli altri, il Chirocefalo del Marchesoni, crostaceo endemico di quest’area, animaletto di un colore rosso corallo, la cui bizzarra peculiarità è quella di nuotare con il ventre rivolto verso l’alto.
Raro esempio di lago d’origine glaciale, sorprende e intenerisce imbattersi, tra il verde dell’appennino, nella genziana delle nevi, nella stella alpina o nel salice erbaceo.
Questo lago muto, di una nitidezza maestosa e senza filtri, ha il magnetismo primitivo del massiccio del Monte Vettore e aderisce a quel panorama immenso che è la Piana di Castelluccio a poca distanza, unico esempio in Italia, assieme all’abruzzese Campo Imperatore, di paesaggio tibetano, commovente e sconfinato.

Un’isola di silenzio vi aspetta al confine tra Marche e Umbria, con stralci d’erba o mucchi di neve, muri, rocce, quinte d’acciaio e un’indicibile sensazione di estraneità e appartenenza a questo luogo.